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Storia della Zeiss

Inizio

Tutto ha inizio a Jena, una bella cittadina costruita nella valle del fiume Saale, nell’allora Confederazione Germanica, sede di una delle migliori Università del mondo, dove il 17 Novembre del 1846, il trentenne ingegnere meccanico Carl Frederich Zeiss, rivelatosi poi un genio dell’Ottica, aprì un’officina e un piccolo magazzino nella Neugasse N° 7. Nel piccolo laboratorio (circa venti dipendenti) Zeiss svolgeva attività di riparazioni di strumenti fisici e chimici e di vendita di telescopi, attrezzi da disegno, bilance e termometri. Dall’anno seguente iniziò anche a produrre semplici microscopi. A quel tempo, il livello d’interesse mostrato dagli scienziati e dai medici e ricercatori nei microscopi cresceva sempre più perché erano gli unici strumenti che consentivano ingrandimenti tali da soddisfare le loro esigenze.
 
Grazie alla qualità dei suoi prodotti ben presto la Zeiss divenne fornitore dell’Università di Jena. L’imprenditore, oltre ad essere convinto che dovesse esistere un metodo scientifico rigoroso per determinare gli elementi di base dei sistemi ottici, era maniacalmente attento alla qualità dei suoi prodotti: si racconta che era solito distruggere a martellate i microscopi su cui riscontrasse anche un minimo difetto di fabbricazione.
 
Già dal 1870 la Zeiss adottò dei macchinari che consentirono la produzione in serie delle apparecchiature. Tale innovazione consentì alla Zeiss di diventare il riferimento nel mercato della ricerca scientifica, grazie alla qualità e alla quantità dei prodotti. Quando il dottor Koch annunciò di aver scoperto il bacillo della tubercolosi, ringraziò pubblicamente la Carl Zeiss per l’aiuto dato alle ricerche.
 
Carl Zeiss iniziò una proficua e duratura collaborazione con il direttore dell’osservatorio di Jena, Ernst Abbe, classe 1840, al tempo giovane professore di matematica, che nel 1872 entrò in società. I suoi studi sui sistemi ottici consentirono alla Zeiss di sviluppare nuovi modelli matematici per lo sviluppo di obiettivi e lenti di nuova generazione, ottenendo così proprietà ottiche considerevolmente migliori rispetto al passato. Questo know-how «tecnologico» fece guadagnare all’azienda un riconoscimento internazionale. Ma Abbe, uomo dell’Ottocento, credeva che la scienza dovesse essere messa a disposizione di tutti, e quindi non brevettava le nuove scoperte permettendo così alle aziende concorrenti di utilizzarle commercialmente.
 
Abbe, nel 1879, fu contattato dal giovane chimico Otto Scott, esperto vetraio formatosi prevalentemente nella vetreria del padre, che gli spedì la formula per un nuovo vetro all’ossido di litio, con caratteristiche di purezza e uniformità mai viste fino a quel momento. Tra loro si stabilì una fitta rete epistolare che terminò con il trasferimento di Scott a Jena e la successiva integrazione nella società nel 1882.
 
Nel 1884, Carl Zeiss, con il figlio Roderich, Ernst Abbe ed Otto Schott fondarono la «Glastechnische Laboratorium Schott und Genossen» (cioè «Laboratorio per le tecnologie del vetro di Schott e soci»).
 
Nel dicembre 1885 Carl Zeiss fu colpito da un primo infarto, da cui non si riprese più. Le sue condizioni peggiorarono. Piegato da altri tre infarti consecutivi, morì a Jena il 3 dicembre 1888 all’età di settantadue anni. In quel periodo la Zeiss arrivò a costruire il microscopio numero 10.000, con 250 operai impiegati nella catena produttiva.
 

Nacita della Fondazione Carl Zeiss

Nel mese di maggio del 1889 Ernst Abbe fondò la Carl Zeiss Stiftung, (Fondazione Carl Zeiss), con sede a Dresda, il cui statuto puntò allo sviluppo della ricerca scientifica e alla tutela dei diritti del lavoratore. Agli operai furono garantiti un massimo di otto ore lavorative e condizioni migliori rispetto alla media del periodo. Nel 1891 la Fondazione Zeiss divenne l’unica proprietaria delle imprese Zeiss, Carl Zeiss e Scott und Genasse («Scott e soci» di cui era socio anche il figlio di Carl Zeiss).
 
La Fondazione Carl Zeiss entra nel mondo della fotografia nel 1890, mettendo in produzione obiettivi fotografici nei suoi stabilimenti di Jena, e mettendo in commercio alla fine del secolo gli obiettivi Protar, doppio Protar, Planar ed Unar. Il Planar è introdotto nel 1896 da Paul Rudolf. Si tratta di uno schema simmetrico complesso (6 elementi in 4 gruppi) ed alquanto efficace, in grado di fornire un’immagine sostanzialmente corretta. In particolare, e da qui il suo nome, il Planar produce un’immagine estremamente piana, non deformata. Il geniale schema di Rufold aveva però un difetto: molte superfici di contatto vetro/aria. Ogni superficie aria/vetro riflette circa il 4% della luce incidente; queste riflessioni – oltre a diminuire la luce che arriva alla pellicola – generano riflessi fantasma (flares), e perdita di nitidezza. I moderni trattamenti antiriflesso fanno scendere drasticamente quella percentuale, ma furono introdotti solo negli anni ‘50 del secolo scorso… Quindi il Planar non ebbe un immediato successo. Si sarebbe preso la sua rivincita in seguito: basti dire che fu copiato in lungo in largo (anche dai giapponesi) e infatti da tale schema derivano quasi tutti gli attuali obiettivi superluminosi con focali 50-100mm.
 
Nel 1897 è prodotto il «Microscopio binoculare stereoscopico di Zeiss Jana», derivato dal progetto del «microscopio doppio di Greenough» del biologo americano Horatio Saltstall Greenough (figlio del pittore e scultore americano Horatio Greenough). Questo microscopio è costituito da due sistemi ottici adiacenti, con due lenti poste ad Y e con due prismi di Porro (dal nome di Ignazio Porro, un fisico italiano che li ha inventati e che sono attualmente utilizzati anche nei binocoli) che proiettano due immagini, una in ogni retina dell’osservatore, ottenendo così l’effetto stereo. L’effetto stereo si basa sull’angolo tra i due obiettivi, chiamato angolo di convergenza. E’ considerato il precursore di tutti i microscopi stereo. Quella basata sul progetto di Horatio Saltstall Greenough è l’architettura più antica dello stereomicroscopio. Nel 1886 Greenough mostrò il suo schema microscopico ad Abbe in un hotel in Jena. Abbe capì immediatamente che questo progetto avrebbe reso lo stereomicroscopio uno degli strumenti pi&ugtave; venduti dalla Carl Zeiss. Il suo principale svantaggio sta nel fatto che presenta un’aberrazione ai margini del campo: l’immagine appare a fuoco nell’area centrale del campo visivo, cambiando la messa a fuoco e l’illuminazione nella periferia dell’immagine, che appare distorta (si tratta della «distorsione prospettica», chiamata anche «keystone effect» o «keystone distortion»).
 
Nell’anno 1900 la Fondazione Carl Zeiss contava 1.070 operai con un mercato rivolto solo all’Europa, poiché l’America imponeva dazi sulle merci importate nel nuovo continente. Per questo motivo, alcuni prodotti furono concessi in licenza a fabbriche estere, come la «Bausch and Lombi» di Rochester, New York.
 
Nel 1902 arriva un altro importatante schema ottico: il Tessar. Il Tessar fu ideato sempre da Paul Rudolf in Zeiss. Composto da 4 elementi («Tessar» significa «quattro» in greco) in 3 gruppi, è un’evoluzione del tripletto di Cooke in cui l’ultimo elemento è sostituito con un doppietto, che corregge lo schema originario. Benché leggermente inferiore al Planar, era più economico da produrre, e presentava meno superfici aria/vetro quindi meno problemi di riflessi. Si tratta di un vero classico della storia della fotografia, a sua volta ispiratore di tanti obiettivi di tante marche: Voigtlander Skopar, Schneider Comparon, Minox Minotar… e, ovviamente se non soprattutto: Leica «Elmar».
 
Contemporaneamente alla nascita dei Tessar, la Carl Zeiss entra nel settore delle fotocamere, ed acquisisce la società Palmos di Jena, specializzata nella costruzione otturatori pneumatici con movimento a iride, ribattezzandola Carl Zeiss Palmosbau.
 
Agli inizi del novecento la Fondazione Carl Zeiss decise di iniziare una politica di assorbimento di altre industrie. A causa delle difficoltà del primo dopoguerra, infatti, la maggioranza delle industrie ottiche tedesche versava in pessime condizioni finanziarie, e di ciò approfittò la Fondazione, grazie alla sua consolidata presenza sul mercato e a un robusto capitale in materiali e conoscenze. Nel frattempo, nel 1905, all’età di sessantacinque anni, morì Ernst Abbe. Nel 1909 sono acquisite le due industrie fotografiche di Emil Wunsche e di Richard Huttig, ambedue di Dresda, oltre alla industria di Rudolf Kruegener di Francoforte. Le quattro società vengono riunite sotto il marchio International Camera Aktieengesellschaft (ICA) con sede a Dresda, ed il processo di acquisizione delle industrie fotografiche continua negli anni seguenti.
 
Negli anni ‘20 Leitz e Zeiss si condendevano il mercato a furia di fotocamere a telemetro con innesto a vite, ma fu la casa originaria di Jena a uscire sul mercato con un biettivo dalla luminosità per l’epoca impensabile: il «Sonnar». Creato nel 1924 da Ludwig Bertele, è un lontano parente del tripletto di Cooke con 7 elementi in 3 gruppi. Risulta superiore al Tessar sul fronte delle aberrazioni di tipo cromatico, ma resta inferiore al Planar, rispetto al quale ha però meno superfici aria-vetro e quindi meno riflessi. Inoltre il Sonnar era molto luminoso: f/2 nella prima versione del 1924, addirittura f/1.5 nel 1932. Non a caso «Sonnar» deriva da «sole» in tedesco. C’è un grosso gruppo ottico posteriore, che renderà le focali più corte degli obiettivi con scema Sonnar incompatibili con gli apparecchi reflex (per via dello spazio necessario al ribaltamento dello specchio); questo spiega perché il classico 50mm con baionetta Contax per le reflex è un Planar e non un Sonnar. Nessun problema invece per le fotocamere a mirino galileiano (come la Rollei 35 S, dove «S» sta per «Sonnar») oppure per le biottiche. Ricordiamo anche il Sonnar 180mm f/2.8 che fu espressamente richiesto da Adolf Hitler per stupire il mondo durante le Olimpiadi di Berlino del 1936: si tratta dell’Olympia Sonnar.
 
Nel 1926 la «Zeiss Ikon AG» fu fondata in Dresda, dalla fusione di quattro dei maggiori produttori di strumenti ottici tedeschi: la Contessa-Nettel di Stoccarda, la Ernemann di Dresda, la Optische Anstalt C. P. Goerz di Berlino, e la ICA di Dresda. Con i primi anni Trenta è privilegiato lo sviluppo delle fotocamere per pellicola in rotoli, con le fotocamere a soffietto Ikonta 6x9cm del 1931, seguite nel 1934 dalle Super Ikonta provviste del telemetro accoppiato, ma con lo sguardo attento alle evoluzioni del settore. Infatti nel 1925 Leitz aveva immesso sul mercato le fotocamere Leica 35mm, che aprono la strada ad un promettente mercato, e nel 1929 Franke & Heidecke avevono immesso sul mercato le biottica Rolleiflex 6x6cm. Nel 1930 Leica cominciò ad offrire la possibilità di impiego degli obiettivi intercambiabili con diverse lunghezze focali, e nel 1932 fu montato sulle Leica un telemetro accoppiato. Zeiss, sfidando quindi la sua grande rivale Leitz, entra prepotentemente nel mondo delle macchine fotografiche 35mm e il progetto è affidato dalla dirigenza ad August Nagel (fondatotore della Contessa-Camerawerke Stuttgart assieme a Carl Drexler) che si impegna a realizzare una telemetro 35mm ma senza infrangere i brevetti Leica. La machina fotografica si sviluppa attorno ad un otturatore a tendina con lo scorrimento verticale e le velocità fino ad un millesimo di secondo, ad un telemetro a specchi, un doppio innesto a baionetta esclusivo e ad un sistema di messa a fuoco basato sul movimento del barilotto incorporato nel corpo macchina. Gli obiettivi standard si inseriscono nella baionetta interna e la messa a fuoco avviene per mezzo di una rotellina dentata posta sul tettuccio che comanda lo spostamento dell’intero barilotto porta obiettivo. Per le lunghezze focali alternative gli obiettivi sono invece montati su di una baionetta esterna, con il blocco sulla montatura dell’obiettivo, e possiedono un elicoide di messa a fuoco tradizionale, collegato al movimento del telemetro. I tempi di scatto sono organizzati in tre gruppi: il gruppo «Sport» con 1/1000-1/500-1/200, il gruppo «normale» 1/100-1/50-1/25 e la posa Z (oggi è la posa B «Bulb»). In seguito è aggiunto il gruppo «notte» con 1/10 e 1/5 oltre al gruppo «tempo» con 1/2 secondo accanto alla posa Z. La fotocamera è battezzata con il nome Contax (forse come omaggio al marchio Contessa-Nettel), ed è provvista fino dall’inizio con un corredo di obiettivi molto esteso e qualificato, e con una serie di accessori che ne aumentano la versatilità. Il successo delle Contax spinge la Zeiss Ikon a mettere in produzione delle fotocamere dalle prestazioni analoghe come la Super Nettel, le biottica Ikoflex del 1935, la Contaflex del 1936, poi la Contaflex e la Nettax.
 
Nel marzo del 1936, alla LeipzigerMesse è presentata la Contax II, progettata da Hubert Nerwin e dotata dello stesso innesto per gli obiettivi e dello stesso sistema di messa a fuoco della Contax I, ma di un nuovo otturatore con il tempo massimo di 1/1250 di secondo, di un nuovo mirino di grandi dimensioni accoppiato al telemetro e di una nuova struttura dalla sagoma più elaborata, con gli spigoli smussati e la finitura cromata delle parti metalliche. Ci fu anche la Contax III identica nella struttura, nell’otturatore e nei comandi ma con la parte centrale del tettuccio occupata da una ingombrante sovrastruttura contenente un esposimetro fotoelettrico non accoppiato, con una fotocellula al selenio
 
Nel 1937 la Fondazione Carl Zeiss aveva interessi commerciali e stabilimenti sparsi in più di ventinove nazioni nel mondo. Dal ‘33 la produzione dell’Azienda sviluppo gli strumenti d’osservazione militari. Produsse con successo binocoli con ottiche grandangolari per uso militare, sistemi ottici resistenti alla pressione per gli U-Boot (Unterseeboot, letteralmente «battello sottomarino»), binocoli a periscopio per il puntamento dei carri armati. Inoltre macchine fotografiche Zeiss furono montate sulle V2 per operazioni di telerilevamento delle coste inglesi.
 
Negli anni Quaranta, oltre al 100% della Carl Zeiss di Jena e della Schott, la Fondazione Carl Zeiss deteneva il 70% delle azioni della Zeiss Ikon, l’80% di quelle della società Gauthier, il 30% della Deckel e il 70% della Hensoldt, un’;importante fabbrica di binocoli di Wetzlar.
 
Durante la Seconda Guerra Mondiale, le capacità produttive della Zeiss furono concentrate esclusivamente per gli usi militari, abbandonando quasi completamente le ricerche in ambito ottico non finalizzate alle forniture per l’esercito. Ovviamente, già dal 1943, gli stabilimenti della Carl Zeiss di Jena divennero un obiettivo primario nella strategia di bombardamento aereo portata avanti dagli Alleati. Anche la città di Dresda fu colpita e fu rasa al suolo, con un bombardamento a tappeto, causando una strage di civili, con obiettivi militari solo indiretti, lasciando il centro storico completamente distrutto.
 
E’ importante, a questo punto, inquadrare il particolare contesto storico e analizzare gli eventi che hanno poi determinato il futuro della Fondazione Zeiss e l’evoluzione dell’Industria Ottica a livello mondiale. Bisogna premettere, infatti, che, con la fine della guerra (aprile 1945), la Germania fu divisa quattro zone, una sotto il controllo sovietico e tre sotto il controllo degli Alleati (rispettivamente inglese, francese e statunitense).
 

Dopo la Seconda Guerra Mondiale

Dresda, la città sede della Fondazione Zeiss e della Zeiss Ikon, si trovava nella zona d’influenza sovietica, cosi come Jena, la sede della Carl Zeiss (dove erano prodotti gli obiettivi), si trovava anch’essa nella zona sovietica. L’evento che ha determinato la successiva evoluzione storica è che mentre Dresda fu occupata dai sovietici, Jena lo fu dagli statunitensi, che solo dopo tre mesi la consegnarono alle truppe dell’Unione Sovietica. Quando il colonnello Goddard, nell’aprile del 1945, entrò in Jena a capo delle truppe americane, scoprì subito che i bombardamenti alleati, finalizzati alla distruzione degli stabilimenti Carl Zeiss, avevano provocato danni notevoli ma non devastanti, al punto che le fabbriche erano ancora operative. La prima preoccupazione degli americani, quindi, fu quella di spostare velocemente il maggior numero di scienziati e attrezzature possibili nella zona di competenza delle forze alleate. Le motivazioni ufficiali furono quelle di dover rinforzare l’industria militare, poiché era ancora in corso la guerra col Giappone. Molti, invece, continuano a pensare che gli americani si preoccuparono solamente di sottrarre cervelli e macchinari al futuro nemico, l’Unione Sovietica. Il colonnello statunitense Zemke selezionò circa ottanta persone, tra ricercatori e tecnici della Carl Zeiss, più una quarantina di dirigenti delle vetrerie Schott. Queste persone, insieme alle loro famiglie, furono invitate a trasferirsi all’ovest. Furono portati via anche progetti e molti macchinari. Molti altri dipendenti Zeiss rifiutarono tale richiesta e decisero di rimanere dov’erano. In ogni caso, il trasferimento a ovest degli scienziati della Carl Zeiss rese possibile la rinascita successiva dell’industria ottica tedesca. Quasi contemporaneamente, nel maggio del 1945 i sovietici entrarono a Dresda, e due mesi dopo, nel luglio, gli statunitensi restituirono loro la città di Jena. A questo punto, dunque, i sovietici si ritrovarono in possesso di tutto ciò che restava della Fondazione Zeiss e degli stabilimenti di Jena, ad eccezione dei tecnici e delle attrezzature trasferite all’ovest dagli americani. Anche la Hensoldt, che era sotto il pieno controllo della Fondazione Zeiss ancora prima dell’inizio della guerra, avendo sede a Wetzlar (quindi all’Ovest), fu a questa «scippata» e data in consegna alla Zeiss Ovest… che si trovò in mano così la tecnologia dei binocoli con prismi a tetto…
 
Ufficialmente, la Fondazione Zeiss rinacque il 23 febbraio del 1949 a Oberkochen nel Württemberg, vicino a Stoccarda, ma come sede di produzione era già attiva, sempre a Stoccarda, la vecchia fabbrica della Contessa-Nettel, scampata ai bombardamenti aerei. Già dal marzo 1947, comunque, per gli obiettivi fu utilizzato un nuovo marchio, Zeiss Opton. In tre anni la neonata Fondazione si riorganizzò e crebbe fino a impiegare 800 dipendenti.
 
Se a ovest la Zeiss fu rimessa in piedi, sempre grazie ai «cervelli» trafugati da Jena e ai massicci investimenti statunitensi (Piano Marshall), a est, la SMAD (Sowjetische Militäradministration in Deutschland, Amministrazione militare sovietica in Germania) iniziò a trasferire a Kiev i macchinari per la produzione di fotocamere, e a Krasnogorsk, vicino Mosca, quelli per la produzione di obiettivi.
 
Tutto il «know how» (tecnici, progetti, attrezzature, ecc…) fu trasferito in Unione Sovietica. Dopo la fine della guerra, l’URSS iniziò la competizione con gli USA per la supremazia mondiale con l’inevitabile avvento della guerra fredda. Nella conseguente corsa agli armamenti, l’industria ottica sovietica ebbe un grande sviluppo rapportato alla sua vertiginosa espansione.
 
Nell’Unione Sovietica, c’erano centinaia di stabilimenti sparsi nelle varie repubbliche (Russia, Ucraina, Bielorussia, ecc., fino alla lontana Siberia), senza contare quelli nei paesi satelliti. Il trasferimento a Kiev delle linee di produzione della Contax fu lungo e complesso, anche a causa dei danni inflitti dalla guerra alle reti ferroviarie, e si potè completare solo nel 1948, quando circa 250 tecnici delle ex officine Zeiss raggiunsero la città ucraina. Prima ancora che il trasferimento venisse completato, comunque, furono prodotte, dall’ottobre del 1945 all’inizio del 1948, alcune Contax a telemetro, in quantità abbastanza ridotta e siglate Carl Zeiss Jena (laddove quelle prebelliche erano marchiate, naturalmente, Zeiss Ikon). Si tratta comunque di poche centinaia di fotocamere, quasi tutte Contax II. La maggior parte dei prodotti usciti dalla fabbrica di Dresda presentano componenti di varia origine, così come sembrano essere frutto della fabbrica di Dresda molte delle componenti delle fotocamere Kiev II e Kiev III. Di fatto, sembra ormai accertato che la linea di produzione delle Contax non fu mai trasferita del tutto in Ucraina. Ciò che si sa è che nella primavera del 1949 fu presentata dagli stabilimenti di Dresda la nuova fotocamera, ribattezzata Contax S («S» come «Spiegel»). La Contax S era dotata di un innesto per gli obiettivi con passo a vite 42x1mm, derivato da quello Leica e da quello Praktiflex, una reflex prebellica. Contemporaneamente alla Contax S, un’altra fabbrica di Dresda presentò la reflex Praktica, nuova versione della Praktiflex, anch’essa dotata dello stesso innesto; e da questo momento in poi i destini delle due fotocamere si intrecciarono. I vari miglioramenti tecnologici applicati su una linea di fotocamere apparvero via via subito dopo anche sull’altra. Alla fine degli anni Cinquanta, comunque, la produzione delle Contax orientali fu sospesa, sostituita dalle Praktica IV, con mirimo pentaprismatico. L’innesto a vite standardizzato ebbe notevole successo. Iniziò ad essere utilizzato da svariati produttori, in Germania e altrove, fra cui non si può non segnalare la Asahi Optical, che lo adottò per le sue reflex Pentax. Di fatto, negli anni ’60 l’innesto a vite fu l’attacco universale per eccellenza. Anche alcune fotocamere della Zeiss di Stoccarda lo adottarono. La Contax S è passata alla storia anche perché fu la prima fotocamera ad utilizzare un mirino pentaprismatico (il cui brevetto risaliva al 1932), un’altra innovazione divenuta di fatto uno standard. Negli anni seguenti si susseguirono varie versioni della Contax «orientale»: la Contax D del 1952, la Contax E (con esposimetro) del 1955, la Contax F del 1956. A partire da quest’ultima le Contax orientali furono ribattezzate Pentacon, a causa di questioni legali che vedremo, fino alla dismissione della produzione.
 
In realtà, tutto o quasi quello che accadde in quegli anni è poco noto, e soprattutto poco documentato. Ma, se ufficialmente l’unico legame tra la Zeiss dell’est e quella dell’ovest era la fornitura di obiettivi della prima alla seconda, sicuramente esistevano ancora molti legami più o meno noti tra le due società. Se si considera che, almeno fino al 1951, la Zeiss di Stoccarda si appoggiò alla Zeiss di Jena per questa fornitura di obiettivi, si spiega perché non furono intentate da subito azioni per l’uso esclusivo del marchio Carl Zeiss Jena da parte della Zeiss occidentale; invece fu assai dibattuta la questione del marchio Zeiss Ikon, che era adoperato anche dalla Zeiss dell’est per le proprie fotocamere. Da una parte, la guerra fredda portò al boicottaggio, in occidente, dei prodotti venuti dall’oriente; dall’altra, la Zeiss di Stoccarda cominciò a essere autonoma nella produzione di obiettivi, potendosi così svincolare dalle forniture di Jena. Iniziò anche una vera e propria competizione tra le due Zeiss, cercando l’una di mantenere alto il prestigio delle proprie origini e l’altra, quella dell’ovest, la supremazia sul mercato con progetti sempre più innovativi e avanzati. Nel 1951, dopo varie battaglie legali, la Fondazione Carl Zeiss riacquistò l’esclusiva del marchio Carl Zeiss; dunque il marchio Zeiss Opton scomparve, anche se fu utilizzato fino agli anni ‘80 per indicare i prodotti esportati all’est. Nel 1953, infine, la Fondazione Carl Zeiss cambiò nome, che divenne definitivamente Carl Zeiss.
 
Nel 1954 iniziò un altro procedimento giudiziario con il quale la Zeiss di Stoccarda rivendicava l’utilizzo esclusivo dei marchi Zeiss Ikon, Carl Zeiss e di altri marchi collegati, registrati prima della guerra. Tale azione legale si concluse solo il 30 giugno del 1961, quando la corte di giustizia federale di Carlsruhe sentenziò che era la Zeiss occidentale ad avere il diritto esclusivo all’uso di quei marchi. Per motivi legati a questo contenzioso alcuni prodotti costruiti a Jena, furono siglati con il nome «Carl Zeiss Jena», ma solo per alcuni mercati, e talvolta il marchio è stato sintetizzato in «CZ Jena» o semplicemente in «Jena», fino a diventare «aus Jena» e infine «Jenoptik». E così, dopo oltre cento anni, la storica fabbrica di Jena non ha potuto più fregiarsi col suo vero e prestigioso nome, ma si è dovuta nascondere dietro il nome anonimo di «aus Jena» che significa semplicemente Da Jena-proveniente da Jena. Però non tutti i Paesi ne riconobbero la validità di questa sentenza, quindi continuarono ad essere commercializzate per alcuni mercati le fotocamere siglate con i logo ZI (Zeiss Ikon). Si trova anche il nome «Pentacon» o «VEB Pentacon». VEB Pentacon era il consorzio nel quale, a partire dal 1964, erano confluite tutte le principali industrie fotografiche della Germania orientale («VEB» è l’acronimo di «VolksEigener Betrieb», ovvero «impresa a guida popolare», poiché tutte le aziende furono nazionalizzate, mentre il nome «Pentacon» nasce dalla fusione della parola Pentaprisma e del nome Contax). Erano prodotte anche le macchine fotografiche «Praktica». Nel VEB entrò prima la Zeiss Ikon di Dresda e poi la Carl Zeiss di Jena, che fino a quel momento aveva mantenuto legami con la Fondazione Zeiss di Stoccarda per la fornitura di obiettivi. Si trattava principalmente di obiettivi Tessar e Sonnar (50mm), e Biogon da 35mm; ma furono costruiti anche grandangolari Topogon da 25mm, Biometar da 35mm e Biotar da 75mm; all’inizio degli anni &lsqo;50 furono messi in produzione tre teleobiettivi, due Sonnar - un 180mm f/2.8 ed un 300mm f/4 - ed un 500mm f/8. Tali ottiche recano la scritta «Germany». A partire dal 1948, comunque, iniziò a Krasnogorsk una produzione di ottiche gemelle: gran parte degli obiettivi che venivano costruiti a Jena uscivano anche, pressoché identici, dalle fabbriche russe, ed erano destinati a corredare le fotocamere Kiev e Zorki. Furono marchiati col nome Jupiter (Jupiter, ovvero Giove, ovvero Zeus... ovvero Zeiss).
 
Da un punto di vista generale, negli anni Sessanta la Carl Zeiss occidentale godeva di ottima salute. Il suo primato in materia di ottica non era in discussione e la sua politica di assorbimento di altre industrie era proseguita. Col passare degli anni un numero sempre crescente di produttori di strumenti ottici è divenuto parte dell’imponente complesso industriale di Stoccarda. Nel 1956, addirittura, la Carl Zeiss aveva acquisito il controllo della gloriosa concorrente Voigtlander, e dieci anni dopo l’avrebbe assorbita del tutto.
 
I piani della neonata Zeiss di Stoccarda videro la rimessa in produzione delle Ikonta e Super Ikonta e la decisione di rimettere in produzione una fotocamera così complessa come la Contax costituiva una sfida notevole sul piano tecnologico. I progettisti di Stoccarda non disponevano di nulla: niente macchinari, ma soprattutto niente stampi, schemi costruttivi, progetti originali. Inizialmente si procedette smontando le Contax prebelliche e cercando di scovarne i difetti per migliorarli. E quei progettisti di Stoccarda si superarono: gić alla Photokina del 1950 fu presentata la «nuova» Contax, battezzata Contax IIa, seguita un anno dopo dalla Contax IIIa (con esposimetro). Sulle nuove Contax si potevano montare tutti gli obiettivi prebellici - ad eccezione del Biogon 35mm, troppo profondo - e tutti i nuovi obiettivi fabbricati ad est (Jena) o ad ovest (Oberkochen). Le Contax a telemetro rimasero in produzione fino al 1958, anche se continuarono a figurare nei listini fino al 1960. In aggiunta al rilancio della Contax, nell’immediato dopoguerra la Zeiss di Stoccarda razionalizzò la produzione di altre fotocamere, limitandosi a quelle per pellicola 120. Apparvero quindi le nuove Ikonta, Super Ikonta, Ikoflex, Nettar e Box Tengor, tutte limitate ai tre formati 6x4.5, 6x6 e 6x9. Nel campo del medio formato non fu proposto nulla di nuovo, mentre nel settore dei 35mm, oltre alla Contax, va citata la produzione di una fotocamera vagamente simile alle Ikonta, priva di telemetro, con mirino ottico ed obiettivo montato su soffietto. Tale fotocamera fu prima chiamata Ikonta 35, poi Contina. Sempre Contina fu chiamata invece una fotocamera lanciata nel 1952, sempre 35mm e priva di telemetro, mentre ad una fotocamera dotata di obiettivo fisso Tessar, telemetro ed esposimetro lanciata nel 1950 fu dato il nome Contessa.
 
Nel 1954 fu presentata una reflex monobiettivo, denominata Contaflex (come quella nata nel 1935; ma il nome era tutto ciò che le due fotocamere avevano in comune). Poiché si intendevano utilizzare gli otturatori a lamelle prodotti dalla consociata Deckel, anziché i più diffusi otturatori a tendina, la Contaflex fu dotata di obiettivo fisso (un Tessar 45mm f/2.8), dal momento che la presenza di un otturatore a lamelle costituiva un intralcio alla sostituzione degli obiettivi. La Contaflex ebbe un notevole successo, tanto che poco tempo dopo fu presentata la Contaflex II, dotata di esposimetro; successivamente videro la luce altre versioni, dotate di obiettivo Tessar 50mm (Contaflex III e IV, presentate nel 1956) o del più economico Pantar 45mm f/2.8 (Contaflex Alpha e Beta, uscite nel 1957, e Contaflex Prima, apparsa nel 1959). A partire dal 1958 la famiglia Contaflex fu rinnovata, in previsione da una parte del lancio delle Contarex e dall’altra della sospensione della produzione delle Contax. Negli anni seguenti dunque apparvero sul mercato altre fotocamere Contaflex (Rapid, Super, Super B, Super NEU), tutte dotate di obiettivo Tessar, per finire con la Super BC, lanciata nel 1965: la prima fotocamera Zeiss con esposimetro TTL, ribattezzata Contaflex S nel 1968 e rimasta in produzione fino al 1972, fino cioè alla chiusura del reparto fotocamere della Zeiss.
 
In ogni caso, già a partire dalla metà degli anni ‘50 le limitazioni della Contaflex non tardarono a farsi sentire, e la Zeiss Ikon iniziò a progettare un nuovo sistema reflex di alto livello, con otturatore a tendina ed ottiche intercambiabili. Il risultato fu la Contarex, presentata alla Photokina del 1958, una fotocamera molto robusta, affidabile e complessa. Come già era avvenuto per la Contax nel 1932, la Carl Zeiss si mobilitò per fornire alla neonata Contarex un parco ottiche di elevato livello. In breve tempo la Contarex potè contare su un corredo di elevatissima qualità: un Tessar 50mm f/2.8, un Planar 50mm f/2, un Planar 55mm f/1.4, un Sonnar 85mm f/2 ed un Sonnar 135mm f/4. Per i grandangolari retrofocus fu coniato il termine Distagon, la cui prima realizzazione fu un 35mm f/4, mentre per le focali più corte si ricorse al Biogon 21mm f/4.5. Negli anni seguenti uscirono vari modelli di Contarex, e nuove ottiche: Distagon 18mm f/4, 25mm f/2.8 e 35mm f/2, Sonnar 180mm f/2.8, Sonnar 250mm f/4, ed altre. La prima Contarex fu ribattezzata «Cyclope» per via della vistosa cellula esterna dell’esposimetro che ricordava l’occhio del ciclope Polifemo accecato da Ulisse, e fu prodotta dal 1959 al 1966, in circa 32mila pezzi. A partire dall’anno seguente fu affiancata dalla Contarex Special, che non aveva l’esposimetro ma prevedeva l’intercambio dei mirini e degli schermi di messa a fuoco. La Special fu costruita in appena tremila esemplari. Le Contarex erano fotocamere eccezionali, robustissime, affidabili, progettate prevalentemente per un pubblico di professionisti esigenti. A partire dal 1966 iniziò il rinnovamento della gamma. Un primo passo fu la Contarex Professional, che però non ebbe molto successo (fu costruita in appena 1500 pezzi), e fu tolta di produzione dopo un solo anno, quando fu sostituita dalla Contarex Super, che invece rimase in produzione fino al 1972. Ne furono costruiti 13.400 esemplari. A partire dal 1968 la Zeiss modificò leggermente alcuni dettagli del corpo macchina, e dunque si parla di «Contarex Super prima versione» e «Contarex Super seconda versione». Va anche citato che alcuni lotti di Contarex Super destinati al mercato austriaco furono marchiati Ziag, e che sempre nel corso della produzione il marchio «Zeiss» sostituì quello «Zeiss Ikon». Sempre nel 1968 fu lanciata una nuova Contarex, l’ultima della serie, battezzata Super Electronic a causa dell’otturatore, controllato elettronicamente. Della Super (pure costruita in due varianti, a causa di una modifica dei circuiti di alimentazione sopravvenuta in seguito) furono costruiti circa tremila pezzi. Le due Contarex Super rimasero in produzione fino alla chiusura della Zeiss Ikon.
 
Il corredo Zeiss per Contarex, inizialmente costituito da un Planar 50mm f/2, da un Distagon 35mm f/4, da un Biogon 21mm f/4.5 e dai due Sonnar 85mm f/2 e 135mm f/4, negli anni seguenti andò ampliandosi con altre ottiche di svariata focale e luminosità, dal Distagon 25mm f/2.8 fino al Mirotar 1000mm f/5.6. Nel 1967 fu presentato un Distagon 18mm f/4, un grandangolare retrofocus. Negli anni ‘70 il sistema Contarex vide la presentazione dei primi zoom (Vario-Sonnar 40-120mm e 85-250mm) e di un ulteriore grandangolare, un Distagon 15mm f/3.5, che abbattè dunque la barriera (ritenuta insuperabile) dei 18mm. Con innesto Contarex, il 15mm f/3.5 sembra sia stato costruito in appena due esemplari, prodotto sia per il sistema Rollei che per quello Contax-Yashica (ed il suo schema ottico è stato acquistato da Leica per il suo Super Elmar R). Sempre per il sistema Contarex vanno citati un Distagon-F 16mm f/2.8 (fisheye, costruito in circa centocinquanta esemplari), e lo splendido Planar 85mm f/1.4, costruito per Contarex in soli quattrocento esemplari prodotto poi per il sistema Contax-Yashica. Un altro obiettivo di cui si deve fare menzione è il Planar 50mm f/0.7, progettato per le esigenze della NASA e successivamente utilizzato dal regista Stanley Kubrick per la ripresa di alcune scene del film «Barry Lyndon». Infine, non si può non citare il Distagon 35mm f/1.4, uno dei primi obiettivi al mondo ad essere dotato di una lente asferica.
 
La forzata collaborazione fra la Zeiss Ikon e la Voigtlaender produce una nuova famiglia di fotocamere reflex 35mm con otturatore a tendina, sviluppano una idea realizzata fino dal 1963 con il nome Bessaflex e presentate in anteprima alla Photokina del 1966 con il nome Icarex 35. La Icarex 35 è una fotocamera dalle prestazioni inferiori a quelle della Contarex, è priva dell’esposimetro incorporato, utilizza un nuovo innesto per gli obiettivi ed ha il mirino intercambiabile del tipo a pozzetto o a pentaprisma. Squadrata, la Icarex ha sulla parte destra del tettuccio una corta leva di carica con il selettore dei tempi di scatto coassiale, il pulsante di scatto separato, e sulla parte sinistra il manettino di ribobinamento del film. Sulla parte destra del frontale è presente la levetta dell’autoscatto e sulla parte sinistra del frontale sono presenti il pulsante per lo sblocco della baionetta ed il lungo pulsante per la chiusura manuale del diaframma. La produzione in serie delle Icarex 35 inizia nel dicembre del 1966 per proseguire fino al dicembre del 1971. Nel 1968 è presentato con il nuovo mirino intercambiabile e ribattezzata Icarex 35 CS e esposimetro incorporato per la misurazione della luce sul vetro smerigliato con il metodo TTL. Le indicazioni riportate sul disco posto sul tettuccio del mirino devono essere riportate manualmente sul selettore delle velocità e sull’anello dei diaframmi. Una finestrella presente sul frontale del cappuccio del pentaprisma permette la lettura del valore del diaframma.
 
Nel 1969 un obiettivo Zeiss arriva sulla Luna con la missione dell’Apollo 11: si tratta del Biogon f/5.6 60mm, attaccato ad una Hasselblad (quindi una macchina medioformato) appositamente modifiacata per lo scopo, la «Hasselblad EL Data Camera», contenete anche un vetrino con la griglia reseau: per questo motivo sulle foto delle missioni lunari vediamo delle crocette bianche equidistanziate che servono per calcolare le distanze e le dimensioni degli oggetti. Biogon indica degli obiettivi grandangolari, progettati la prima volta da Ludwig Bertele: «Bio» sta per «vita», ovvero un modello di obiettivo caratterizzato da una grande apertura e tempi di esposizione brevi che rende possibile scattare immagini «luminose e in movimento», mentre «gon» deriva dalla parola greca «gonia», che significa «angolo». Gli attuali gradangolari Zeiss portano ancora oggi i nomi «Distagon» o «Biogon»: «Distagon» è il nome con cui Zeiss identifica gli obiettivi grandangolari aventi schema «retrofocus», mentre il «Biogon» ha uno schema simmetrico.
 
Alla fine del 1971 la società cambiò il nome in Zeiss Ikon Voigtlander ed è presentata la reflex 35mm SL 706 che riprende le caratteristiche delle Icarex con innesto a vite, modificando il frontale e rendendolo più moderno, ed dotando la fotocamera con un sofisticato sistema di misurazione della luce con il diaframma completamente aperto che funziona con gli obiettivi originali firmati Carl Zeiss ma non con gli altri obiettivi con innesto a vite. Un piccolo pressorie alloggiato sull’innesto degli obiettivi informa mediante una variazione della pressione l’esposimetro circa il diaframma impostato. Alla fine degli anni sessanta l’accavallamento e la sovrapposizione dei prodotti giunge al limite estremo. Dall&laqu;incredibile affermazione commerciale dei primi anni cinquanta al crollo verticale del 1970 la Zeiss Ikon colleziona tutte una serie di errori di strategie, che solo in parte sono imputabili all’inarrestabile concorrenza delle industrie fotografiche giapponesi, dinamiche e competitive. Gli stessi impianti produttivi, modernissimi del 1950 ma non lo sono più a metà degli anni sessanta, perchè il processo produttivo si rivela lento ed antieconomico e, se si aggiunge la differenza tre manodopera giapponese, l’abisso si rivela incolmabile. Le fotocamere Zeiss Ikon Voigtlaender SL 706 vengono costruite per un periodo breve. La mancata razionalizzazione finiscono con il rendere disastrosi della Zeiss Ikon e la decisione dei gruppo direttivo della Fondazione Carl Zeiss nel 1971, di chiudere la Zeiss Ikon diventa quindi semplicemente inevitabile: da adesso solo gli obiettivi e le lenti. Per le fotocamere giacenti in magazzino creò un nuovo marchio denominato Carl Zeiss Contarex Vertrieb nel 1972 (fino ad esaurimento delle scorte nel 1975), mentre, nel 1973, il marchio Voigtlander fu venduto alla Rollei.
 
Dopo la fine della produzione Zeiss Ikon nel 1972, la Carl Zeiss rimane in produzione con gli obiettivi, cercando un partner per cooperare nelle macchine fotografiche. Dopo una collaborazione con Pentax, nel 1972 Carl Zeiss sigla un accordo con la giapponese Yashica. Yashica diventa nel 1983 della Kyocera che acquisisce quindi la divisione di macchine fotografiche. Dal 1974 fino al 2005 uscirono quindi prodotti in cooperazione tra i due costruttori. Nell’aprile 2005 Kyocera decide di ritirare i prodotti a marchio Contax. Nel settembre 2005 termina la fornitura di fotocamere e accessori Contax. Il marchio «Contax» appartiene ancora alla Carl Zeiss ma per un accordo di cooperazione non può essere utilizzato dalla stessa.
 
Nel 1974 in seguito all’accordo fra la Fondazione Carl Zeiss e la società giapponese Yashica, il marchio Contax è resuscitato per essere utilizzato su una nuova serie di fotocamere reflex 35mm elettroniche. Alla Photokina del 1974 è infatti presentata una reflex 35mm elettronica ed automatica firmata con il nome Contax fornendola con un nuovo innesto a baionetta per gli obiettivi firmati Carl Zeiss. La fotocamera è individuata con la sigla Contax RTS (Real Time system) e la sua carrozzeria è firmata da Porsche Design e tutti gli obiettivi Carl Zeiss. Alle Contax RTS con prestazioni professionali seguono nel 1978 le fotocamere più economiche Contax 139 e le Contax 137 MD con il motore elettrico incorporato, poi sostituite nel 1982 dalle Contax 137 MA. Nel 1982 è presentata la Contax RTS 2, seguita nel 1984 dalla Contax 159MM automatica anche nella selezione del diaframma. Segue nel 1986 la Contax 167 MT con il motore incorporato.
 
Nel 1990 è presentata la Contax RTS III a cui seguono nel 1992 la Contax ST con il motore incorporato e la Contax S2 caratterizzata, al contrario di tutto il resto della produzione Contax, di un otturatore con il controllo meccanico. Nel 1994 è presentata la Contax RX con la messa a fuoco assistita.
 
A partire dal 1994 l’ingegnere Masaru Yamamoto, che lavorava alla Kyocera, fu incaricato di progettare un apparecchio reflex dove l’intero blocco «specchio-pentaprisma-otturatore-dorso portapellicola» fosse mobile e montato su una guida in ceramica a scorrimento rettilineo lungo l’asse di ripresa, in modo da effettuare la messa a fuoco modificando il tiraggio meccanico dll’apparecchio e non tramite regolazioni dell’obiettivo: il progetto avrebbe convertito all’autofocus l’intero parco Zeiss prodotto dal 1974 in poi senza nessuna modifica; Yamamoto sviluppò il grosso del progetto fra il 1994 ed il 1995 ed il 30 giugno di quell’anno fu terminato e nel 1996 fu presentata al mondo la Contax AX.
 
Nel 1998 è presentata la Contax Aria, leggera e compatta e con il motore incorporato. Nel 2001 è presentata la Contax N1 con la funzione autofocus, seguita dal modello economico Contax NX e riproposta con le stesse caratteristiche.
 
Tutti i costruttori di binocoli, di microscopi e di macchine fotogradiche devono qualcosa alla Carl Zeiss Jena. La Nikon giapponese, all’inizio, ha imparato a fare i binocoli dai tecnici Carl Zeiss Jena fatti venire (a pagamento) dalla Germania. L’americana Baush & Lomb pure e così pure i francesi e gli inglesi.
 
In tutti i casi, nel 1991 le due società tornarono a essere unite dopo quarantacinque anni di separazione. La sede principale è rimasta a Oberkochen. Negli anni seguenti, la Carl Zeiss ha aperto due stabilimenti in Ungheria, ha partecipato a una joint venture in Bielorussia e ha aperto nuove sedi affiliate nell’Europa orientale.
 
Nel 1995 Carl Zeiss, Oberkochen, ha acquistato le azioni mantenute da Jenoptik GmbH di Carl Zeiss Jena GmbH, quello che era rimasto della gloriosa Carl Zeiss di Jena, diventando l’unica proprietaria.
 
Nel 2016 la Carl Zeiss AG ha festeggiatoi suoi 170 anni d’attività.
 

La Carl Zeiss nello sport

Il 13 maggio 1903 fu fondata da alcuni operai la squadra di calcio «Fußball-Klub der Firma Carl Zeiß Jena», dal 20 gennaio 1966 conosciuta come «FC Carl Zeiss Jena».
 
 
carl_zeiss_jena_1910.jpg
Fabbrica della Carl_Zeiss in Jena nel 1910 circa
 
 
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Fabbrica della Ernemannwerk in Dresda nel 1922 circa
 
 
 
Riferimenti:
 
http://www.effeunoequattro.net/htdocs/freecontent/35mm/seconda/index.php
 
http://www.guidafotousato.it/4-STORIA_MARCHE/testi/PENTACON.htm
 
http://www.guidafotousato.it/4-STORIA_MARCHE/testi/ZEISS-IKON.htm
 
https://www.hq.nasa.gov/alsj/Biogon5.6_60mm_ZEISS.pdf
 
http://magazine.alpitrek.com/numero16/pag06.htm
 
https://www.marianoelide.com/2018/02/stereomicroscopio-greenough-o-cmo.html
 
https://www.nadir.it/ob-fot/CONTAX_AX/contax_ax.htm
 
http://www.nadir.it/ob-fot/contax_storia/contax_storia01.htm
 
https://www.nadir.it/ob-fot/CONTAX_STORIA/contax_storia02.htm
 
http://www.nadir.it/ob-fot/contax_storia/contax_storia03.htm
 
http://www.nadir.it/ob-fot/contax_storia/contax_storia04.htm
 
http://www.nicolafocci.com/2012/08/planar-tessar-sonnar-un-po-di-storia/
 
http://www.storiascienzatecnica.it/microscopio-binoculare-zeiss-jena-14-xx-secolo/
 
https://www.zeiss.com/content/dam/corporate-new/about-zeiss/history/downloads/the_companys_history_of_zeiss-at_a_glance.pdf
 
 
http://blog.petiteplaisance.it/wp-content/uploads/2015/12/Storia-delle-poco-conosciute-macchine-fotografiche-italiane.pdf
 
http://wejump.fi.ino.it/pages/gb/storia_obbiettivo_20140607.pdf
 

ciao




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